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Quinto dono: la mia Eucarestia rinnovata. Dopo la prima
parte, la seconda: digestione della sua Parola spiritata.
L’annullamento del Corpo mangiato, mi porta alla mia
sacrificalità con un mezzo: la digestione del suo Spirito, veicolato
dalla Parola che si fa sacramento. Parola spiritata e
rinnovata, capace di risolvere la crisi della parola veritata.

Lunga processione di doni rinnovati, in partenza dal
visuato Paterno e in arrivo alle nuove future generazioni:
‘Un battesimo cresimato Figliale rinnovato, un peccato
rinnovato, una morte fisica rinnovata, una Medicazione
rinnovata, una Eucarestia rinnovata’.
Prima la sua: un Corpo che facendosi dissanguato da
modalità divina animato: con devoto silenzioso amore
sacrificale, per una sua metamorfosi di spirito Figliale.
Dalla sua la nostra: essa si compone del suo Corpo dissanguato,
al pane e al vino assegnato, per essere mangiato, e
conseguire così il limite estremo della sua sacrificalità
(completare la sua): l’annientamento totale del suo Corpo
dissanguato, e suscitare la nostra sacrificalità totale.
Con quale mezzo?
Con uno solo: con la digestione. Se la manducazione non
induce la digestione, si annulla da se stessa, la si distrugge,
e quindi la si tratta sacrilegamente.
E con quale digestione, dal momento che il Corpo dissanguato
va in annientamento?
Proprio il suo annientamento opera il passaggio da un
oggetto digestivo a un altro.
Dal Corpo dissanguato a quale altro?
Il suo Corpo dissanguato fu causa efficiente del suo
Spirito metamorfosato.
Non ci poteva essere metamorfosi di Spirito senza dissanguamento
di Corpo. Tra Corpo dissanguato e Spirito metamorfosato
si è fatto un rapporto di necessità assoluta.
Non si dà metamorfosi senza sacrificio: se il grano di frumento
non muore, non va in meglio. Questo nel terrestre;
questo, pure nel celeste.
Per questo il Corpo dissanguato col suo annullamento mi
passa al suo Spirito, per mandarlo in digestione.
Dove va cercato? Noi non l’abbiamo cercato. Ci è venuto
incontro nel visuato. È partito dal suo talamo crociale su
di un veicolo che ha la presenza universale.
Un veicolo capace di veicolare uno spirito divino a uno
spirito umano. Un mezzo in parte spirituale per trasportare
uno Spirito, in parte sensibile per raggiungere quello
umanato mio.
Un unico mezzo: la Parola: segno sensibile del suo Spirito,
sacramento del suo Spirito.
La seconda parte della nostra Eucarestia infinitamente
superiore alla prima. La carne giova solamente al sacrificio,
perché lo Spirito possa vitalizzarsi.
Non fu sempre così. Per il passato, la parola di Dio fu semplicemente
veicolo della sua verità, per cui la parola si
qualificava come veritata: con dentro la verità.
Perché quella parola ai giorni nostri va precipitando in una
crisi irreversibile?
È in atto la caduta di un sentire: la persona non si sente più
umanamente piccolo, ma grande.
Il grande non riesce più a credere, e non credendo rigetta
la parola che passa fede e verità di fede. Per cui oggi
abbiamo una comunità che cerca l’Eucarestia del Corpo
dissanguato, e non cerca più l’Eucarestia della parola veritata.
Mangia uno, e rigetta l’altra. L’Eucarestia la stiamo
riducendo a ferro rotto che non serve più a nulla. L’ascolto
è malamente subìto, mai ricercato.
La stessa forma che abbiamo dato, provoca immediatamente
un rigetto: ‘C’è la predica?...’.
Non abbiamo ancora capito che è ora di cambiare forma e
di chiamarla col suo nome: la digestione.
Neppure la riforma liturgica incentrata sulla Parola ha
sciolto la crisi, che permane irreversibile.
Occorreva spostare la Parola a dopo la Manducazione, ma
non bastava. La crisi si supera con una Parola rinnovata:
‘Spiritata’.

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